venerdì, 17 maggio 2024, 10:41
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Corso: GIO2045781 - METODOLOGIA E INFORMATICA GIURIDICA 2019-2020 (MIG CDL 2019/2020)
Glossario: Glossario MIG
G

Giusnaturalismo

Dottrina filosofico-giuridica configurata nei secoli XVII e XVIII ad opera di pensatori quali Grozio, Hobbes, Locke, Pufendorf. Tardi sviluppi del (—) possono essere considerati il pensiero di Rousseau e Fichte.

Tale dottrina giudica la validità dell’ordinamento giuridico vigente in base alla sua conformità alle norme del diritto naturale, le quali sono di per sé razionali e preesistenti alle norme giuridiche poste dallo Stato. In tale ottica il (—) si colloca in perfetta antitesi con il giuspositivismo.

L’importanza storica del (—) consiste nell’aver fornito una connotazione laica all’idea di Stato e un fondamento non divino bensì umano ai poteri dei governanti.

Il (—) formula l’ipotesi dell’esistenza di un originario stato di natura, anteriore ad ogni società positivamente organizzata [vedi Società], in cui l’uomo gode di diritti naturali, il cui fondamento è dedotto non da un preteso ordine naturale o da Dio, ma dalla ragione umana (recta ratio ciceroniana): è naturale solo ciò che la ragione qualifica in termini di giustizia. Il diritto naturale si oggettiva in diritti soggettivi innati, imprescrittibili e inalienabili (vita, libertà, proprietà), di cui ciascun individuo è titolare.

Il passaggio alla società civile e, quindi, alla positività del diritto, è avvenuto grazie alla stipulazione di un patto originario, che per necessità (Hobbes) o per calcolo o per libera scelta (Rousseau), tutti gli uomini si sarebbero impegnati a contrarre. Tale contratto ha dato origine alla società e allo Stato, la cui esistenza ha creato una situazione di maggiore sicurezza, garantita da norme finalizzate, in primo luogo, proprio alla salvaguardia dei diritti naturali dell’uomo. Con ciò il (—) sostiene l’origine umana dello Stato e stabilisce i limiti del potere statuale, oltre i quali esiste solo arbitrio.

In età contemporanea il (—) sta ad indicare quella corrente di pensiero incline ad attribuire priorità assoluta ai valori [vedi Valore] professati dall’ordinamento giuridico, quali libertà e uguaglianza e ad interpretare alla luce di questi le norme e giuridiche, spesso astratte, poco aderenti alla realtà sociale e incapaci di soddisfare concrete esigenze di giustizia.

Giuspositivismo

Concezione del diritto sviluppatasi nel corso del 19° sec., che identifica il diritto con il diritto positivo, quello cioè posto da una volontà sovrana espressa nella legge effettivamente applicata nello Stato. Più precisamente, l’espressione si riferisce a un complesso di posizioni teorico-politiche sul diritto, spesso anche incompatibili tra loro, e non è direttamente riconducibile al positivismo filosofico, che ha piuttosto determinato un approccio sociologico al diritto, dando luogo agli studi di sociologia del diritto e alla giurisprudenza sociologica (un connubio tra realismo giuridico e giusnaturalismo). Nel suo approccio scientifico al diritto, e nella sua pretesa di studiare e descrivere il diritto così com’è, e non come dovrebbe essere sulla base di un contenuto oggettivo di giustizia (alla quale il g. nega ogni valore teoretico), tale orientamento si è contrapposto al giusnaturalismo, sebbene la tendenza formalistica a fare del diritto un sistema scientifico (sotto forma di teoria generale del diritto) si possa far risalire ai giusnaturalisti seicenteschi. Poiché oggetto del g. è lo studio del diritto in quanto posto da una volontà normativa, inizialmente esso ha assunto una concezione imperativistica del diritto, centrata sulla considerazione della legge quale mezzo di espressione del comando del legislatore. Tale concezione ha condotto gradualmente il g. a distinguere il concetto di creazione da quello di applicazione della normae alla conseguente elaborazione della teoria della separazione dei poteri. Ai fini di una giurisprudenza applicativa, è prevalso il formalismo interpretativo, ossia una concezione meccanica e letterale dell’interpretazione della legge. Da questa impostazione sono derivati alcuni principi tipici del g.: la completezza, l’unitarietà e la coerenza dell’ordinamento, la sua autosufficienza e autonomia rispetto a qualunque valutazione esterna. In particolare, il principio secondo cui un ordinamento giuridico esiste solo se effettivo è prevalso sulla teoria della legittimità della norma, superando così quel normativismo giuridico che ha raggiunto l’apice con H. Kelsen.

Giusrealismo

Corrente di pensiero che riunisce varie concezioni del diritto (giurisprudenza degli interessi, giurisprudenza sociologica, giusliberismo, teoria del rapporto giuridico, istituzionalismo, realismo giuridico americano e scandinavo), accomunate dal fatto di attribuire rilevanza all'effettiva operatività del diritto nella società e alla sua concreta applicazione da parte dei giudici nei tribunali. Tali teorie si contrappongono al formalismo giuridico e al legalismo giuspositivista, nonché al cognitivismo etico del giusnaturalismo, inteso come possibilità di fondazione oggettiva dei valori e, in particolare, della giustizia.